CLICK AND LOOK (omaggio al regista Ermanno Olmi)

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venerdì 30 gennaio 2015

A mia madre ... non ti vedo più ma ti cercherò tra le giornate della mia vita sempre!



A Rosa Francesca

Devo partire da lì. Dai tuoi piedi composti e allineati ma senza scarpe. La loro forma sapevo essere importante e  ben delineata,  il collo disegnato alto, un tempo messo in evidenza dalle  scarpe col tacco largo, senza gonfiori. A volte te li avevo lavati, asciugati. Dai tuoi piedi si poteva capire quanta determinazione  hai messo nel camminare lungo i tuoi giorni; infaticabile ti spostavi da una stanza all’altra, il tuo era un movimento preciso, senza sbandamenti: sapevi dove andare e cosa fare. Piedi che hanno portato la tua persona un tempo alta e forte, che sorreggevano ancora una struttura precisa nell’ossatura anche se ridotta nel lungo e svuotata nel largo: basi di  quelle che erano state due colonne doriche.  Anche tu eri in qualche modo così: combattente, protesa alla vicende della vita, porto di tutti quelli che volevano far sosta nel cuore o nel corpo.

Se ti penso li rivedo i tuoi piedi perché, ormai,  non potrò dimenticare quegli ultimi istanti dove, guardandoti ferma, muta, orizzontale,  capivo che non ti avrei vista più alzarti,  muoverti e fare. Questo è il verbo che più ti rappresenta: il tuo è sempre stato un fare in prima persona. Anch’io adesso  volevo fare tutto quello che si doveva, momento per momento anche negli ultimi passaggi. Ti hanno sollevata, spostata con metodo  e depositata  in una scatola di legno ben rivestita  di un drappo soffice, lieve, bianco panna.
Ho guardato che tutto fosse a posto: il vestito di lana leggera con fiori che sembravano promettere solo cose belle, ma la sera prima quanta neve era scesa a fare silenzio. Le tue mani un tempo più provate dai lavori domestici ma ora lisce e asciutte con le unghie ovali e chiare, ben deposte lungo i  tuoi fianchi.
Il tuo viso (il tuo viso mamma …) segnava come un piccolo sorriso artefatto;  la fronte come una collina pallida che si faceva osservare e, a nascondere il tuo male, un foulard di seta colorata con rigagnoli  rossi quasi a   voler togliere la tristezza del momento,  ma senza riuscirci.
Una corona del rosario, non quella da te consumata e persa per ironia della sorte proprio gli ultimi giorni non si sa come, ma una corona nuova che hai tenuto tra le mani  nello scorrere delle  tue manciate di ore  finali per noi.
Una immagine del Crocefisso:  sapevo bene le tue devozioni.

Si può chiudere? Si, si può chiudere, ho risposto con voce ferma. Tutto quello che si doveva fare volevo fosse fatto nel migliore dei modi, con precisione, con fedeltà, con bellezza.
Passo a passo, secondo consumate consuetudini a me non note, tutto in ordine, momento per momento fino all’epilogo immaginato anche un po’ ma sempre rimesso nell’ordine delle cose che non spetta a noi decidere.
Alzando lo sguardo ho visto gente ma era  un contorno, un paesaggio dipinto dietro ad un ritratto: il tuo, fatto di colori intensi, caldi di luce.
In primo piano  tu e silenzii  non privi di suoni,  spazii di tempo allargato per accoglierti bene: così voglio che sia.
Il tempo per te qui finito ti riprende per  altro tempo.  Senza ore, senza limiti, senza rughe.
Dentro me  scorrono fiumi in piena, sento battere incessante  pioggia: rumori naturali,  la Natura mi toglie  qualcosa a cui appartengo per unione e poi per  divisione di cellule. Potrà mai restituirmela in altri modi, sotto altre forme? O invece resterà, non so come,  a me dentro per poterla ancor meglio sentire ogni volta che ne avrò vivo il desiderio?


Mi hai detto tre giorni prima: “Tutto passa”.  E io ”Mamma, ma se tutto passa, cosa resta?”
Ci hai pensato un po’ e mi hai risposto: “Il bene. Quello che  fai  resta”.
Erano già momenti segnati da un certo dolore che ti leggevo in viso.  E queste battute scambiate così, senza un vero pretesto mi  hanno portato a pensare all’Ecclesiaste  ma soprattutto a credere che mi stavi lasciando la tua eredità morale.
In tre parole scarne quanto mi hai detto. Ho sentito lo spessore della parola giusta come una coperta di lana che messa addosso ti fa stare meglio, anche se il  momento non era bello ma triste. Il  tuo dire forse non era   casuale ma voluto, la tua esperienza trapassava di calore ogni cosa e, come quando stai salutando qualcuno a te caro che parte, tutto cerchi di cogliere, tutto vorresti dire e solo con gli sguardi,  in parte,  ti sembra di poterlo fare.

Avevi iniziato la ritirata e da tempo passavi ore sul divano nel tuo angolo. Senza annoiarti, in sofferenze da te ben arginate, alternate a momenti di quasi normalità. Ti godevi la postazione abbandonando sempre più la tua mobilità.  Gli ultimi giorni ti sei goduta un po’ di più il letto. E, in un’occasione mi hai detto: “dove vado a stare meglio di qui?”
Per i puri, le anime semplici l’essenziale è davvero poco.
La tua testa chiedeva di vivere anche se il corpo, svuotandosi delle sue preziose energie ti stava lasciando.
Anche le tue mani alzate  hanno chiesto di vivere il sabato mattina. Le hai aperte alzandole a calice verso l’alto in un gesto che chiedeva, quasi implorando di continuare a resistere.

La veglia, l’attesa del nuovo evento, è finita. Ti ho lasciata e dopo poco mi hanno telefonato che non eri più.
Ho calpestato neve già alta per arrivare a casa. Notte: dal cielo chiaro ancora neve scendeva. Un sepolcro bianco e muto preparato per noi che sappiamo ci tocca andare avanti senza te.
La sera prima, noi tutti intorno come una corolla di petali chiari: la tua discendenza si prepara alle consegne. E poi, con la coscienza che qualcosa se ne stavo andando ti ho detto:”Mamma, sei bella e buona, non ci lasciare” e, accarezzandoti la guancia destra, ho sentito la mano un po’ umida.  Ti avevo asciugato una ed una sola lacrima.
Poche sono state in seguito le tue parole, ti sei consegnata al Lassù. Pensavo alla nascita. Qualcosa di simile appariva, un incontro, in direzione  inversa ma con punti in comune. La partenza o l’arrivo ad una meta, un viaggio verso la stazione non scelta,  da raggiungere anche lasciandosi andare.
Non una parola di troppo, non una di meno: l’equilibrio dell’essere sei ora.



Aspettavamo la primavera


Avrei voluto veder vestito
di primi fiori di primavera
un albero con te.

Ricordi?

Saresti uscita, sul tuo sdraio al sole
ginocchia  scoperte,
nodi di ramo longevo. 
Braccia scarne a riposar sul ventre,
parentesi chiuse sul grembiule lindo.
Il tuo viso acceso di  rinnovati colori.

Ti avrei parlato e
tu risposto.

Me ne sarei andata
per ritrovarti ancora.

Ma ora?




24 marzo 2009





lunedì 19 gennaio 2015

Omaggio a Marc Chagall



Due immagini ... per evocarne altre.
                                     
                                                      Gli amanti in blu




                                                    Il compleanno


domenica 4 gennaio 2015

Cina ... benvenuta!

Per la prima volta vedo che una persona è venuta a farmi visita dalla Cina. Grazie molte!
Come ricambiare con un gesto gentile, un piccolo dono ...?
Tra poco si festeggerà l'Epifania una festività che ricorda il lungo percorso fatto dai Magi sino a raggiungere un piccolo bambino di nome Gesù.
In questo lungo viaggio sta la ricerca dei sapienti che hanno riconosciuto la grandezza e la specifica regalità del massimo dei Re .... un "piccolo" venuto tra noi per salvarci.
I magi, studiosi e conoscitori di ogni scibile si sono inchinati davanti ad un bambino riconoscendoLo ..... per molto altro.
Saremo anche noi capaci di vedere in un "piccolo" in un "povero" ... oltre le apparenze ed accoglierlo sempre come fratello?
A voi .... la rappresentazione dei Magi nel quadro del Mantegna.

第一次我看到有人来,从中国来看我。非常感谢!
如何以一种姿态,一个小礼物......回报?
很快我们将迎来主显节放假的纪念漫长的旅程,直到你到达一个名叫耶稣小的孩子的贤士进行。
在这漫长的旅途学者谁承认规格最高国王的伟大和威严的研究....大家的“小”来拯救我们。
贤士,学者和所有知识鉴赏家鞠躬在孩子认识到他.....更多。
我们可能还可以看到一个“小”的“穷” ......超越露面,总是欢迎他的兄弟吗?
你....下曼特尼亚贤士的代表性。
Dì yī cì wǒ kàn dào yǒurén lái, cóng zhōngguó lái kàn wǒ. Fēicháng gǎnxiè!
Rúhé yǐ yī zhǒng zītài, yīgè xiǎo lǐwù...... Huíbào?
Hěn kuài wǒmen jiāng yíng lái zhǔ xiǎn jié fàngjià de jìniàn màncháng de lǚchéng, zhídào nǐ dàodá yīgè míng jiào yēsū xiǎo de háizi de xiánshì jìnxíng.
Zài zhè màncháng de lǚtú xuézhě shuí chéngrèn guīgé zuìgāo guówáng de wěidà hé wēiyán de yánjiū.... Dàjiā de “xiǎo” lái zhěngjiù wǒmen.
Xiánshì, xuézhě hé suǒyǒu zhīshì jiànshǎng jiā jūgōng zài hái zǐ rènshí dào tā..... Gèng duō.
Wǒmen kěnéng hái kěyǐ kàn dào yīgè “xiǎo” de “qióng”...... Chāoyuè lòumiàn, zǒng shì huānyíng tā de xiōngdì ma?
Nǐ.... Xià màn tè ní yǎ xiánshì dì dàibiǎo xìng.
  (Andrea  Mantegna 1431  - 1506 )